La riforma Fornero (legge 92/2012,
art. 4, commi 16-23) ha introdotto, allo scopo di contrastare il fenomeno delle
cd. “dimissioni in bianco”, una nuova disciplina delle dimissioni e delle
risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro.
Prima della riforma la volontà
del dipendente di interrompere il rapporto di lavoro poteva essere comunicata
in qualsiasi forma, e produceva i propri effetti dal momento in cui era portata
a conoscenza del datore di lavoro.
Attualmente, invece, la
risoluzione del rapporto di lavoro diventa efficace solo a seguito di una
particolare procedura:
· il lavoratore presenta le proprie
dimissioni (o sottoscrive la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro);
· entro 30 giorni dalla ricezione delle
dimissioni, il datore di lavoro deve acquisire dal lavoratore la convalida
delle stesse, invitandolo, in forma scritta, a confermare formalmente la
propria volontà di risolvere il rapporto di lavoro;
· entro 7 giorni dalla ricezione dell’invito, il
lavoratore deve convalidare il recesso dal rapporto di lavoro,
alternativamente:
- presentandosi presso la Direzione
Territoriale del Lavoro, il Centro per l’impiego territorialmente competente o
la sede (ad es., sindacale) individuata dal C.C.N.L.;
- sottoscrivendo una dichiarazione in
calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione della cessazione del
rapporto di lavoro (che l’azienda è obbligata ad inviare, entro 5 giorni dalla
data in cui è prevista la cessazione del rapporto, al Centro per l’impiego).
In caso di mancata ricezione (o
consegna), da parte del lavoratore, della lettera di invito alla convalida
delle dimissioni entro il termine dei 30 giorni, le stesse si considerano senza
effetto, ed il rapporto di lavoro riprende ad avere piena efficacia.
Nel caso in cui, invece, l’invito
sia stato ricevuto ma il lavoratore non si sia attivato, entro 7 giorni, per
completare la procedura di dimissioni, il rapporto di lavoro si considera
comunque risolto allo scadere di tale termine.
Entro il termine dei 7 giorni
dalla ricezione dell’invito il lavoratore può anche scegliere di revocare le
proprie dimissioni (o la risoluzione consensuale): in tal caso, il rapporto di
lavoro si ripristina - senza diritto alla retribuzione se non è stata svolta
attività lavorativa -, purché il lavoratore offra contestualmente la propria
prestazione lavorativa al datore di lavoro.
Per quanto riguarda la disciplina
speciale prevista per le dimissioni della lavoratrice madre o in gravidanza (o
il lavoratore padre) nei primi anni di vita del figlio, la riforma, fermo
restando l’applicabilità della procedura già esistente (che ne prevede la
convalida presso il servizio ispettivo
del Ministero del lavoro o presso il Centro per l’impiego), estende il periodo
durante il quale la convalida delle dimissioni è necessaria da 1 a 3 anni di
vita del bambino (o dal suo ingresso in famiglia se adottivo o in affido).
Rimane immutata la previsione di
nullità del licenziamento intimato nel corso del primo anno di vita del bambino.